A un anno e tre mesi dal primo giorno di lockdown nazionale, di preciso il 9 marzo 2020, le tendenze, quanto le abitudini alimentari di tutti noi, sono cambiate in modo radicale.
Basta leggere i dati di una ricerca compiuta dall’ Euromonitor International (un’analisi datata 20219 che ha preso in esame i consumi di noi italiani, validi fino a qualche giorno prima del contagio mondiale), per capire quanta differenza ci sia tra il periodo pre Covid-19 e oggi.
I trend erano i seguenti:
- aumento dell’interesse e del consumo dei prodotti privi di allergeni
- aumento del consumo dei prodotti artigianali
- i consumi medi di pane stimati erano di 60 kg annui pro capite
Per meglio intenderci, una famiglia di 4 componenti ne consumava circa 3 kg a settimana, quindi l’acquisto del pane gravava non poco sulle tasche di noi consumatori. Vediamo meglio nel dettaglio il costo annuo di pane in base alla tipologia:
- da 313 € a 546 € annui per il pane comune
- da 390 € a 624 € annui per il pane integrale
- da 1404 a 1716€ annui per il pane senza glutine
- circa 390€ annui per il pane in cassetta
Costi del pane autoprodotto antecedenti all’impatto covid-19
Per capire quanto ci è costato, in quel periodo, prepararci il pane in casa vanno considerati vari fattori:
- le materie prime (olio o strutto, lievito di birra o pasta madre, per tipo di pane da ottenere diverse tipologie di farine)
- la tecnica o tecnologia: se fatto a mano o con l’utilizzo di tecnologia apposita (planetaria o macchina del pane), se da autodidatta o con la messa in pratica di corsi di panificazione
- disponibilità di tempo
Ecco che il costo, tenendo conto di ingredienti e tecnologia, della preparazione di 3 kg di pane a settimana stimato per un anno, in quel periodo, è stato di:
- 348 € per il pane comune
- 435,48 € per il pane integrale
- 735 € per il pane senza glutine
- 267 € per il pane in cassetta
Consumi e trend del pane dopo un anno e di pandemia
Atteggiamenti di acquisto, quanto di consumo, sono cambiati in modo definitivo da quel 9 marzo, anche se le tendenze, che a lungo andare si sono ben delineate, in qualche modo avevano già preso poco prima fisionomia, come mostrano i dati sopra riportati,
I trend che qui riportiamo sono relativi a un rapporto pubblicato dall’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) che rende chiari i cambiamenti di consumo a un anno di distanza dal primo lockdown.
Vediamoli insieme:
- un aumento netto, nella spesa giornaliera, dell’acquisto dei generi alimentari
- la zona cucina ha riconquistato centralità nella vita di tutti i giorni: la costrizione domestica ci ha fatto riscoprire i piaceri della tavola, i sapori e le tradizioni culinarie di una volta. Ma è stata, fonte di sostentamento nel periodo iniziale, durante il quale i vari negozi e supermercati erano presi d’assalto (come dimenticare la penuria del lievito di birra dagli scaffali e il boom dell’acquisto delle farine). Il pane e la pizza fatta in casa sono stati prodotti di sostentamento, quanto di estro creativo, intrattenimento dei più piccoli e anti stress e metodo naturale per combattere l’ansia. Da qui uno dei trend ormai consolidato: il paniere prodotti immancabile in ogni cucina attuale: farina, lievito, olio, uova e zucchero
- abbiamo fatto dietrofront e ci siamo deglobalizzati: un altro trend, già vivo da anni, è la rivalutazione del territorio e dei suoi prodotti locali. Quanti di noi hanno ricominciato a comprare al mercato o direttamente dal produttore locale (filiera corta, km 0, acquisti di prossimità, importanza delle imprese locali e la riscoperta dell’offerta del territorio o quartiere). Infatti, i dati Ismea ci dicono che la scorsa estate, nonostante fosse stato di nuovo possibile allontanarsi da casa, i negozi del vicinato hanno mantenuto la clientela acquisita nel periodo di lockdown, così da clienti avventori per necessità si è ritornati ad essere clienti stabili delle botteghe di quartiere o cittadine
- importanza della prevenzione e maggiore consapevolezza alimentare: con la diffusione del virus e preoccupati della vulnerabilità del proprio organismo, è aumentata l’attenzione alla qualità del cibo e la salvaguardia della propria salute (abbiamo imparato a leggere le etichette, a parlare di filiera, di tracciabilità, di rintracciabilità, di origine delle materie prime certificata, di prodotti bio, salutari e scoperta dei superfood di una volta)
- ecosostenibilità, inclusività sociale-economica e differenze socio-economiche: filiera corta, produzioni biologiche, lotta integrata, packaging sostenibile. La pandemia ci ha fatto capire una volta per tutte l’importanza dell’impatto ecologico e della sostenibilità ambientale e sociale (quanto sfruttiamo animali, piante e nostri simili). La cosapevolezza del peso delle proprie scelte ha portato a una maggiore presa di coscienza, soprattutto riguardo la produzione eco-socio-sostenibile. Sempre secondo Ismea, l’impatto del virus ha portato molti più consumatori di prima a prestare attenzione a differenti aspetti della produzione, mai stati così fondamentali come adesso: durante la primavera del 2020 gli acquisti di prodotti biologici sono aumentati dell’11%, e c’è stata più attenzione riguardo la sostenibilità e disponibilità alla spesa. Per non parlare del bene che ha fatto ai produttori locali, piccoli e indipendenti, vessati dalle politiche del consumo di massa
- la crisi economica, la perdita di molti posti di lavoro e la conseguente riduzione del reddito dovuti alla pandemia hanno influito negativamente sulle tasche di molti italiani, che nonostante l’esigua disponibilità hanno comunque orientato le loro scelte in base a qualità, sostenibilità e convenienza.
I dati pre e post pandemia che impatto hanno avuto sull’attuale?
Tenendo ben a mente, con i trend appena illustrati, entrambi gli scenari antecedenti all’attuale quotidianità, possiamo notare una serie di nuovi comportamenti sviluppati dai consumatori, come conseguenza degli ultimi avvenimenti socio-economici-sanitari:
- un chiaro aumento della produzione di pane fatto in casa
- un aumento considerevole di competenze e conoscenze qualitative dei processi produttivi e delle materie prime
- aumento della dimestichezza con l’innovazione tecnologica propria del settore panificazione
Dalle premesse illustrate nei paragrafi precedenti, siamo arrivati a questi ultimi trend, considerabili delle conclusioni riguardo gli attuali comportamenti di tutti noi italiani. Tre trend che nell’ultimo anno sono cresciuti in modo esponenziale. Ma tra il prima e il dopo pandemia possiamo dire che si è mantenuta una costante, eccezione fatta per il periodo di lockdown generale: la scarsità di tempo nell’arco delle nostre 24 ore.
Illustrato il quadro generale, possiamo affrontare un argomento, figlio di questi tempi e dell’evoluzione del comportamento e degli atteggiamenti di noi consumatori, divenuto presto dibattito presso le community di panificatori home made come la nostra . Ovvero, ci riferiamo a un contrasto di opinioni, che è mosso da una coppia di argomenti, all’apparenza, inconciliabili: il binomio macchina del pane e lievito madre.
La macchina del pane come funziona
È un elettrodomestico costituito da un contenitore, una pala rotante che amalgama l’impasto, un timer che regola il tempo della lavorazione della pala e una resistenza che serve a cuocere il pane a fine programma. Inoltre, dispone di più programmi in base al prodotto che si desidera ottenere.
Come si usa?
Dopo aver inserito gli ingredienti all’interno del contenitore nel giusto ordine, si seleziona il programma desiderato, in base al pane che si vuole.
Pane con macchina del pane e lievito madre, si o no?
Tale paradosso, illusorio, ha generato tra gli appassionati dei farinacei fatti in casa punti di vista opposti. Svisceriamo la questione, indagando se è proprio di questo che si tratta: un compartimento di opinioni stagnanti in due fazioni di pensieri divergenti? Sarà proprio così? Scopriamolo!
Utilizzo della macchina del pane, i pro
La macchina del pane indubbiamente ci consente di essere multitasking e di guadagnare tempo, ma anche di stare al riparo dalle temperature troppo calde del forno di casa.
Scopriamone insieme i pregi:
- permette di gestire meglio la temperatura, in cottura quanto nel periodo di lievitazione
- consente una standardizzazione dell’intero processo, dall’inserimento degli ingredienti a cottura ultimata. Di certo il risultato è assicurato
- è una scelta ottimale per chi soffre di intolleranze al glutine o è celiaco, in modo da evitare di usare per la cottura lo stesso forno. In questo modo si usufruisce di un macchinario apposito e non contaminato
- solo i modelli di alcune marche consentono di realizzare più di un formato di pane, ma non tutti quelli che si vorrebbero
- diverse macchine di questo tipo sono utilizzabili anche per fare in casa yogurt e marmellate: con programmi appositi. Ma il procedimento non cambia, anzi a cambiare sono sono i tempi e le modalità di cottura
Utilizzo della macchina del pane, i contro
Nulla è gratificante quanto mettere le mani in pasta e avere le mani impolverate di farina, ricordiamo i trend precedenti e i riscontri benefici che dà l’impastare a mano: un senso di soddisfazione misto a realizzazione e pace interiore.
Insomma, una sorta di ricongiungimento con quella parte fanciulla di noi stessi, alla quale non è mai passato l’amore per la manualità e il senso di libertà nel lasciarsi andare al puro istinto creativo.
Vediamo nel dettaglio gli svantaggi nell’utilizzo della macchina per il pane:
- la maggior parte di queste macchine in commercio ci limita a una sola forma di pane, la pagnotta
- rettangolare da pancarrè, rispetto alla varietà di forme fattibili a mano
- normalizzano la procedura, nonostante la resa sia assicurata, e la standardizzano a tal punto da perdere una parte degli aspetti qualitativi presenti nel pane ottenuto in modo artigianale. Soprattutto per quanto riguarda tempi e temperature di lievitazione e cottura. Che normalmente senza il loro uso dipendono dalla variabilità legata a contesto e circostanze ambientali
- spesso, a cottura avvenuta, il pane estratto dal cestello risulta bucato dalle pale, in quanto nell’estrarlo si blocca in esse
- spesso hanno un numero limitato di programmi per il preimpasto e quasi sempre ne hanno soltanto uno dedicato alla cottura, cosa che penalizza molto il prodotto finito. Ciò rende il risultato poco fragrante (aromi dipesi dalle farine e metabolismo batterico durante la lievitazione) e poco consistente (croccante) dovuto alla selettività delle modalità di lievitazione e cottura, rispetto a condizioni e procedimenti artigianali che contemplano un vasto range di alternative
- sono termosensibili, temperature e tempo vanno regolati in base alla stagionalità: temperature più alte e maggior tempo di lievitazione in inverno, temperature inferiori e tempi di lievitazione ridotti in estate
- sono scomode sia da pulire sia per le operazioni di manutenzione ordinaria
Infine, usando una massima antica e genuina quanto il pane, possiamo dire che la virtù sta nel mezzo, e ,a analisi della questione conclusa, siamo liberi di prendere in modo incondizionato le nostre decisioni, di svincolarci da punti di vista altrui e da mode commerciali.
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